da “Alice nel paese delle meraviglie” di Louis Carroll
….Mentre diceva così, sdrucciolò e punfete! affondò fino al mento nell’acqua salsa.
Sulle prime credè di essere caduta in mare e: «In tal caso, potrò tornare a casa in ferrovia» – disse fra sé. (Alice era stata ai bagni e d’allora immaginava che dovunque s’andasse verso la spiaggia si trovassero capanni sulla sabbia, ragazzi che scavassero l’arena, e una fila di villini, e di dietro una stazione di strada ferrata).

Ma subito si avvide che era caduta nello stagno delle lacrime versate da lei quando aveva due e settanta di altezza.
Peccato ch’io abbia pianto tanto! – disse Alice, nuotando e cercando di giungere a riva. – Ora sì che sarò punita, naufragando nelle mie stesse lacrime! Sarà proprio una cosa straordinaria! Ma tutto è straordinario oggi!
E sentendo qualche cosa sguazzare nello stagno, si volse e le parve vedere un vitello marino o un ippopotamo, ma si ricordò d’essere in quel momento assai piccina, e s’accorse che l’ippopotamo non era altro che un topo, cascato come lei nello stagno.
Pensava Alice: «Sarebbe bene, forse, parlare a questo topo. Ogni cosa è strana quaggiù che non mi stupirei se mi rispondesse. A ogni modo, proviamo.» – E cominciò: – O topo, sai la via per uscire da questo stagno? O topo, io mi sento veramente stanca di nuotare qui.
– Alice pensava che quello fosse il modo migliore di parlare a un topo: non aveva parlato a un topo prima, ma ricordava di aver letto nella grammatica latina di suo fratello: «Un topo – di un topo – a un topo – un topo. -» Il topo la guardò, la squadrò ben bene co’ suoi occhiettini ma non rispose.
– Forse non capisce la mia lingua, – disse Alice; – forse è un francese, ed è venuto qui con l’esercito napoleonico: – Con tutte le sue nozioni storiche, Alice non sapeva esattamente quel che si dicesse. E riprese: «Où est ma chatte?» che era la prima frase del suo libriccino di francese. Il topo fece un salto nell’acqua e tremò come una canna al vento.
– Scusami, – soggiunse Alice, avvedendosi di aver scossi i nervi delicati della bestiola. – Non ho pensato che a te non piacciono i gatti.
– Come mi possono piacere i gatti? – domandò il topo con voce stridula e sdegnata – Piacerebbero a te i gatti, se fossi in me?
– Forse no, – rispose Alice carezzevolmente, – ma non ti adirare, sai! E pure, se ti facessi veder Dina, la mia gatta, te ne innamoreresti. È una bestia così tranquilla e bella. – E nuotando di mala voglia e parlando a volte a sé stessa, Alice continuava: – E fa così bene le fusa quando si accovaccia accanto al fuoco, leccandosi le zampe e lavandosi il muso, ed è così soffice e soave quando l’accarezzo, ed è così svelta ad acchiappare i topi… Oh! scusa! – esclamò di nuovo Alice, perché il topo aveva il pelo tutto arruffato e pareva straordinariamente offeso. – No, non ne parleremo più, se ti dispiace.
– Già, non ne parleremo, – gridò il Topo, che aveva la tremarella fino alla punta dei baffi. – Come se stessi io a parlar di gatti! La nostra famiglia ha odiato sempre i gatti; bestie sozze, volgari e basse! non me li nominare più.
– No, no! – rispose volonterosa Alice, e cambiando discorso, aggiunse: – Di’, ti piacciono forse… ti piacciono… i cani? – Il topo non rispose, e Alice continuò: – vicino a casa mia abita un bellissimo cagnolino, se lo vedessi! Ha certi begli occhi luccicanti, il pelo cenere, riccio e lungo! Raccoglie gli oggetti che gli si gettano e siede sulle gambe di dietro per chiedere lo zucchero, e fa tante altre belle cosettine… non ne ricordo neppure la metà… appartiene a un fattore, il quale dice che la sua bestiolina vale un tesoro, perché gli è molto utile, e uccide tutti i topi… oimè! – esclamò Alice tutta sconsolata: – Temo di averti offeso di nuovo! – E veramente l’aveva offeso, perché il Topo si allontanò, nuotando in furia e agitando le acque dello stagno.
Alice lo richiamò con tono soave: – Topo caro, vieni qua; ti prometto di non parlar più di gatti e di cani! – Il Topo si voltò nuotando lentamente: aveva il muso pallido (d’ira, pensava Alice) e disse con voce tremante: – Approdiamo, e ti racconterò la mia storia.
Comprenderai perché io detesti tanto i gatti e i cani.
Era tempo d’uscire, perché lo stagno si popolava di uccelli e d’altri animali cadutivisi dentro: un’anitra, un Dodo, un Lori, un Aquilotto, ed altre bestie curiose. Alice si mise alla loro testa e tutti la seguirono alla riva…..