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Cecco il Gaudente

Cecco
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Cecco Angiolieri  nacque a Siena, da una famiglia particolarmente benestante, intorno al 1260. Morì, lasciando molti debiti, nel 1313 circa. Il padre era il banchiere Angioliero degli Angiolieri, figlio di Angioliero detto “Solafica”; fu cavaliere, fece parte dei Signori del Comune nel 1257 e nel 1273  e fece il priore ben due volte, appartenne poi  all’ordine dei Frati della Beata Gloriosa Vergine Maria o «Frati Gaudenti». La madre era monna Lisa, appartenente alla nobile e potente casata dei Salimbeni, anch’ella iscritta al suddetto ordine.

Multe per il coprifuoco.

Si presume che il giovane Cecco trascorse la sua fanciullezza a Siena, dove ricevette anche una prima educazione. Di famiglia tradizionalmente guelfa, nel 1281 Cecco figurò tra i Guelfi senesi all’assedio dei concittadini ghibellini asserragliati nel castello di Torri di Maremma nei pressi di Roccastrada, e fu più volte multato per essersi allontanato dal campo senza la dovuta licenza. Da altre multe fu colpito a Siena l’anno successivo, l’11 luglio 1282, per essere stato trovato nuovamente in giro di notte dopo il terzo suono della campana del Comune, violando pertanto il coprifuoco .

Coprifuoco: <<quia fuit inventus de nocte post tertium sonum campane Comunis>>

Un ulteriore provvedimento lo colpì nel 1291 in circostanze analoghe; oltretutto, nello stesS’iFireso anno fu implicato nel ferimento di Dino di Bernardo da Monteluco, pare con la complicità del calzolaio Biccio di Ranuccio, ma solo quest’ultimo fu condannato.

Fino a qui si comprende che fosse un gaudente e molto raccomandato

Cecco e Il rapporto con Dante

Militò come alleato dei fiorentini nella campagna contro Arezzo nel 1289, conclusasi con la battaglia di Campaldino; è possibile che qui abbia incontrato Dante Alighieri, che pure figurava tra i combattenti dello scontro. Il sonetto 100, datato tra il 1289 e il 1294, sembra confermare che i due si conoscessero, in quanto Cecco si riferisce a un personaggio che entrambi dovevano ben conoscere

 

Lassar vo’ lo trovare di Becchina, / Dante Alighieri, e dir del mariscalco

questo mariscalco vanesio tra le donne fiorentine, anch’egli impegnato a Campaldino, è stato identificato con un tal Amerigo di Narbona,

«giovane e bellissimo del corpo, ma non molto sperto in fatti d’arme» Dino Compagni, Cronica delle cose occorrenti ne’ tempi suoi, I, 7.

Intorno al 1296 fu allontanato da Siena, a causa di un bando politico. Si desume dal sonetto 102 , indirizzato a Dante allora già a Verona, che in quel periodo Cecco si trovasse a Roma

s’eo so’ fatto romano, e tu lombardo

.Non sappiamo se la lontananza da Siena dal 1296 al 1303 fu ininterrotta. Il sonetto testimonierebbe anche della definitiva rottura tra Cecco e Dante

Dante Alighier, i’ t’averò a stancare / ch’eo so’ lo pungiglion, e tu se’ ‘l bue.

Tuttavia non sono note risposte  dantesche, per cui, se tenzone fra i due vi fu, ci rimane solo la parte composta da Cecco , e non sappiamo se ci sia tutto. Inoltre, nelle opere di Dante, Cecco non è mai nominato, né suoi componimenti sono citati.

La rovina, e i debiti

Nel 1302 Cecco svendette per bisogno una sua vigna a tale Neri Perini del Popolo di Sant’Andrea per settecento lire ed è questa l’ultima notizia disponibile sull’Angiolieri in vita. Proprio per questa ragione si oppose a ogni forma di politica proclamandosi persona libera e indipendente; si ritiene che questa sua imposizione fosse dovuta al bando politico che lo allontanò da Siena.

Dopo il 1303 fu a Roma, probabilmente sotto la protezione del cardinale senese Riccardo Petroni. Da un documento del 25 febbraio 1313 sappiamo che cinque dei suoi figli :Meo, Deo, Angioliero, Arbolina e Sinione; un’altra figlia, Tessa, era già emancipata rinunciarono all’eredità perché troppo gravata dai debiti. Si può quindi presupporre che Cecco Angiolieri sia morto intorno al 1310, forse tra il 1312 e i primi giorni del 1313. La tradizione lo vuole sepolto nel chiostro romanico della chiesa di San Cristoforo a Siena.

S’i’ fosse foco

S’i’ fosse foco è il suo sonetto per eccellenza  Poesia 82 delle Rime secondo l’edizione Marti..

Questa composizione, la più «angiolieresca» del poeta senese appartiene a una secolare tradizione letteraria goliardica improntata all’improperio e alla dissacrazione delle convenzioni; Cecco  è  considerato tra i poeti giocosi[

«S’i’ fosse foco, ardere’ il mondo;
s’i’ fosse vento, lo tempestarei;
s’i’ fosse acqua, i’ l’annegherei;
s’i’ fosse Dio, mandereil’en profondo;

s’i’ fosse papa, serei allor giocondo,
ché tutti cristïani embrigarei;
s’i’ fosse ‘mperator, sa’ che farei?
a tutti mozzarei lo capo a tondo.

S’i’ fosse morte, andarei da mio padre;
s’i’ fosse vita, fuggirei da lui:
similemente faria da mi’ madre,

S’i’ fosse Cecco, com’i’ sono e fui,
torrei le donne giovani e leggiadre:
le vecchie e laide lasserei altrui.»

 

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