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La Befana

befana
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La parola Befana è la  corruzione lessicale di Epifania (dal greco ἐπιφάνεια, epifáneia) attraverso bifanìa e befanìa, ed  è una figura folcloristica legata alle festività natalizie, tipica di alcune regioni italiane e diffusasi poi in tutta la penisola italiana,  ma molto meno conosciuta nel resto del mondo. Secondo la tradizione, si tratta di una donna molto anziana che vola su una logora scopa, per fare visita ai bambini nella notte tra il 5 e il 6 gennaio, la notte dell’Epifania e riempire le calze lasciate da essi, appositamente appese sul camino o vicino a una finestra; generalmente, i bambini che durante l’anno si sono comportati bene riceveranno dolciumi, caramelle, frutta secca o piccoli giocattoli. Al contrario, coloro che si sono comportati male troveranno le calze riempite con del carbone o dell’aglio.

Antica Roma: Diana, Satia, Abundia

La Befana
Befana a Campomarino di Maruggio
L’origine sembra essere connessa a un insieme di riti propiziatori pagani, risalenti al X-VI secolo a.C., in merito ai cicli stagionali legati all’agricoltura, ovvero relativi al raccolto dell’anno trascorso, ormai pronto per rinascere come anno nuovo, diffuso in tutta Italia  attraverso un antico Mitraismo e altri culti affini come quello celtico, legati all’inverno boreale.

Gli antichi Romani ereditarono tali riti, associandoli quindi al calendario romano, e celebrando, appunto, l’interregno temporale tra la fine dell’anno solare, fondamentalmente il solstizio invernale e la ricorrenza del Sol Invictus. La dodicesima notte dopo il solstizio invernale, si celebrava la morte e la rinascita della natura attraverso Madre Natura. I Romani credevano che in queste dodici notti , i dodici mesi dell’innovativo calendario romano , delle figure femminili volassero sui campi coltivati, per propiziare la fertilità dei futuri raccolti, da cui il mito della figura “volante”.

Secondo alcuni, tale figura femminile fu dapprima identificata in Diana, la dea lunare della caccia e vegetazione, mentre secondo altri fu associata a una divinità minore chiamata Sàtia (dea della sazietà), oppure Abùndia (dea dell’abbondanza).
Un’altra ipotesi collegherebbe la Befana con un’antica festa romana, che si svolgeva sempre in inverno, in onore di Giano e Strenia , da cui deriva anche il termine “strenna”, e durante la quale ci si scambiavano regali.

La Befana Celtica e la condanna della chiesa

La Befana secondo interpretazioni largamente accettate in centro e nord Europa si richiamerebbe alla figura celtica di Perchta, assimilabile ad alcune figure come ad esempio Frigg in Scandinavia, Holda in nord Europa, Bertha in Gran Bretagna, Berchta in Austria, Svizzera, Francia e Nord Italia; è una personificazione al femminile della natura invernale, viene rappresentata come una vecchia gobba con naso adunco, capelli bianchi spettinati e piedi abnormi, vestita di stracci e scarpe rotte, aleggiando sopra i campi e terreni di notte ne propizia la fertilità, e viene festeggiata nei 12 giorni che seguono il Natale, culminanti in coincidenza con l’epifania.

Già a partire dal IV secolo d.C., l’allora Chiesa di Roma cominciò a condannare tutti riti e le credenze pagane, definendole un frutto di influenze sataniche. Queste sovrapposizioni diedero origine a molte personificazioni, che sfociarono, a partire dal Basso Medioevo, nell’attuale figura ripulita da contaminazioni favolistiche o pagane, anche se il suo aspetto, benevolo e non negativo, è stato ed è tuttora, per influenza della festa di Halloween, erroneamente associato a quello di una strega. In realtà non è una strega, ma una vecchina affettuosa, rappresentata su una scopa volante, antico simbolo che, da rappresentazione della purificazione delle case (e delle anime), in previsione della rinascita della stagione.

L’accettazione della figura della Befana

Condannata quindi dalla Chiesa, l’antica figura pagana femminile fu accettata gradualmente nel Cattolicesimo, come una sorta di dualismo tra il bene e il male. Già nel periodo del teologo Epifanio di Salamina, la stessa ricorrenza dell’Epifania , visita dei Re Magi a Gesù, fu proposta alla data della dodicesima notte dopo il Natale, assorbendo così l’antica simbologia numerica pagana.

La Befana
La Befana a Gubbio
Nel 1928, il regime fascista introdusse la festività della Befana, dove venivano distribuiti regali ai bambini delle classi meno abbienti. l

Nel periodo più recente, innumerevoli e largamente diffuse sono le rappresentazioni italiane della Befana e le feste a lei dedicate; spesso si tratta di un figurante che si cala dal campanile della piazza di un paese, oppure di vecchiettine travestite per distribuire regali ai bambini.

La tradizione la vuole “vecchia” ad indicare il finire di un ciclo: con il solstizio d’inverno si passa infatti dal vecchio al nuovo, dal freddo e dalle notti interminabili all’allungarsi del periodo di luce; inoltre, a livello di calendario legale, con la fine dell’anno si entra nel nuovo anno gregoriano; anche a livello liturgico si conclude il Tempo Liturgico forte, natalizio, e comincia quello Ordinario. Proprio per questo il giorno dell’Epifania, quando si festeggia anche la Befana, viene recitato “Epifania, tutte le feste porta via”.

La tradizione e la Befana pentita

Il nome “Befana“, inteso come il fantoccio femminile esposto la notte dell’Epifania, era già diffuso nel dialettale popolare del XIV secolo, specialmente nelle terre dell’antica Etruria (Toscana e Tuscia nell’attuale Lazio settentrionale), quindi utilizzato per la prima volta in italiano dallo scrttore Francesco Berni nel 1535, e da Agnolo Firenzuola nel 1541. Poiché, per tradizione, la Befana lascia i doni in una calza appesa al camino, a Dovadola nell’Appennino forlivese, si prepara la calza definita “la più lunga del mondo”. Vi sono ancora taluni rari luoghi in cui è rimasto, nel linguaggio popolare, il termine “Pefana” come, per esempio, nel paese di Montignoso, nel resto della Provincia di Massa-Carrara, in quella della Spezia nonché in Garfagnana e Versilia, con tradizioni non in linea con le consuete celebrazioni dell’Epifania.

Una versione religiosa (frutto del tentativo moderno di “cristianizzare” la figura della befana) invece racconta che i Re Magi in viaggio per Betlemme avessero chiesto informazioni sulla strada ad una vecchia, e che avessero insistito perché lei andasse con loro a portare i doni al salvatore.

La vecchia rifiutò, ma poco dopo, pentita, preparò un sacco pieno di doni e si mise in cerca dei Magi e del bambino Gesù. Non trovandoli bussò ad ogni porta e consegnò i doni ai bambini sperando di potersi così far perdonare la mancanza.  Così si fermò a ogni casa che trovava lungo il cammino, donando i regali ai bambini che incontrava, nella speranza che uno di essi fosse il piccolo Gesù. Da allora girerebbe per il mondo, facendo regali a tutti i bambini, per farsi perdonare

Una vecchina a modo

La Befana richiama la tradizione religiosa di Santa Lucia, che dispensava doni ai bambini prima di lei, come faceva San Nicola prima dell’avvento di Babbo Natale. Non è dunque cattiva, è solo scocciata con gli adulti e scorbutica con chi non le aggrada perché tenta di fare il furbo; ma con i bambini si mostra indulgente e comprensiva, una nonnina piena di attenzioni e regali.

Non si tratta di una bella donna, giovane e accattivante, ma, al contrario, di una vecchina rattrappita dagli acciacchi dell’età e dal freddo, con pochi denti, il volto grinzoso e talvolta, ma non sempre, un naso molto prominente per enfatizzarne la vecchiaia e la poca beltà dovuta all’età anagrafica.

L’aspetto da vecchia deriva da una raffigurazione simbolica dell’anno vecchio: una volta davvero concluso, lo si può bruciare, così come accadeva in molti paesi europei, dove esisteva la tradizione di bruciare dei fantocci vestiti di abiti logori, all’inizio dell’anno, come accade la Giubiana e il Panevin o PignarûlCaseraSeima o Brusa la vecia, il Falò del vecchione che si svolge a Bologna a capodanno così come lo “sparo del Pupo” a Gallipoli, oppure il rogo

della Veggia Pasquetta che ogni anno il 6 gennaio apre il carnevale a Varallo in Piemonte. In molte parti d’Italia, l’uso di bruciare o di segare in pezzi di legno un fantoccio a forma di vecchia.in questo caso pieno di dolciumi, rientrava invece tra i riti di fine Quaresima. In quest’ottica, anche l’uso dei doni assumerebbe, nuovamente, un valore propiziatorio per l’anno nuovo.

Gli abiti e le scarpe, il fazzolettone

Per ripararsi adeguatamente la Befana indossa gonnoni lunghi, lisi e rattoppati in maniera allegra; spesso indossa il grembiule. Usa inoltre calzettoni pesanti antifreddo e scarpe comode, ma non stivali alla guascone molto più adatti alle streghe delle fiabe. Sulle spalle a volte ingobbite ha sempre uno scialle di lana pesante e colorata e non un mantello svolazzante come capita di trovare in alcune immagini nella rete.

Non bisogna confondere la Befana con le streghe della tradizione anglosassone. Una Befana vera, infatti, non ha il cappello a punta, come spesso appare su molti siti, blog, e persino in alcune pubblicità televisive. Usa invece esclusivamente un fazzolettone di stoffa pesante (la pezzóla) o uno sciarpone di lana annodato in modo vistoso sotto il mento.

La scopa, la scalza, il carbone 

Ha una scopa, usata spesso per appoggiarsi o per volare brevemente. Nell’immaginario, la Befana cavalca la scopa al contrario delle raffigurazioni di streghe, e cioè tenendo le ramaglie davanti a sé. Anche in questo, dunque, l’iconografia specifica della Befana non è totalmente assimilabile a quella delle streghe.

Altro frequente errore di “immagine” della Befana è quello relativo al sacco dei doni: in realtà la vera Befana porta i suoi regali e il suo carbone e aglio in sacchi di iuta sfatti e slabbrati che assumono la forma di calzettoni enormi, o nelle gerle di vimini, dipende dalla territorialità e dalla tradizione del luogo dove si festeggia.

Secondo la tradizione orale, la Befana consegna regali ai bambini buoni o carbone e aglio ai bambini biricchini. Il carbone – o anche la cenere – da antico simbolo rituale dei falò inizialmente veniva inserito nelle calze o nelle scarpe insieme ai dolci, in ricordo, appunto, del rinnovamento stagionale, ma anche dei fantocci bruciati. Nell’ottica morale cattolica dei secoli successivi, nella calze e nelle scarpe veniva inserito solo il carbone e/o l’aglio come punizione per i soli bambini che si erano comportati male durante l’anno precedente.

Festa nazionale della Befana

Ad Urbania viene tradizionalmente collocata la Casa Ufficiale della Befana. Vi si celebra inoltre ogni anno la “Festa Nazionale della Befana“, tradizione ormai ventennale e conosciuta in tutta Italia

In Toscana, nella provincia di Grosseto, esistono i Befani (all’isola d’Elba sono detti Befanotti), uomini che il giorno dell’Epifania vanno assieme alla Befana per le vie cittadine dei paesi a eseguire canti tradizionali maremmani, augurando la “buona Pasqua” (augurio legato alla liturgia dell’Epifania, quando in Chiesa viene letto “l’annuncio del giorno di Pasqua”).

Anche nella Tuscia viterbese, la tradizione della Befana è molto sentita. A Vignanello viene allestito l’albero della Befana, pieno di dolciumi e insaccati. Mentre,  nel mio paese,  Vasanello,  la sera del 5 gennaio i bambini  un tempo si vestivano da Befana, e bussavano di casa in casa,  chiedendo dolci soldi e cibo, portando il bambinello benedetto alle famiglie. Questa tradizione si è un pò persa a vantaggio di Halloween, che non appartiene affatto alla cultura italiana.

A Viterbo invece ogni anno si svolge la manifestazione della calza della Befana più lunga del mondo. Quest’anno il record è a rischio

Filastrocche e leggende popolari

{{Oh Befana Befanina Fai ben piena la calzina! Non badare ai capriccetti Porta bambole e confetti!}}

«La Befana vien di notte
con le scarpe tutte rotte
con le toppe alla sottana
viva viva la Befana!»

A Roma si dice

«La Befana vien di notte
con le scarpe tutte rotte
con il naso alla romana
(o: col cappello alla romana)
(o: col vestito alla romana)
viva viva la Befana!»

in Toscana

«La Befana vien di notte
con le scarpe tutte rotte
attraversa tutti i tetti
porta bambole e confetti»

anche

«La Befana vien di notte
con le scarpe tutte rotte
se ne compra un altro paio
con la penna e il calamaio»

o ancora:

«La Befana vien di notte
con le scarpe tutte rotte
il vestito a trullallà
la Befana eccola qua!»
«La Befana vien di notte
con le scarpe tutte rotte
il vestito tutto blu
la Befana viene giù»
«La Befana vien di notte
con le scarpe tutte rotte
il vestito a gran sottana
viva viva la Befana!»
«La Befana vien di notte
con le scarpe tutte rotte
il vestito e la bandana
viene viene la Befana!»
«La Befana vien di notte
con le scarpe tutte rotte
e le ha rotte in cima in cima
la Befana è poverina»
«La befana vien di notte
con le scarpe tutte rotte
porta vento e tramontana
viva viva la Befana!»

 

 

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