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La bella Fornarina

Fornarina

la Fornarina di Raffaello sarà protagonista alle Scuderie del Quirinale della mostra sul pittore per i 500 anni dalla morte dal 5 marzo al 2 Giugno 2020, e in questi giorni alla Galleria Nazionale Barberini Corsini di Roma  il dipinto è al centro di una tre giorni di studi e approfondimenti .

Le Fasi di studio della Fornarina

Fino a giovedì 30 gennaio, i visitatori di Palazzo Barberini avranno l’opportunità di osservare da vicino le indagini condotte dagli esperti, inclusi i ricercatori dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) , assistendo a riprese ad altissima risoluzione e scansioni ai raggi X , per svelare i segreti che si celano dietro una delle opere più famose al mondo.

I lavori sono cominciati con un’acquisizione fotogrammetrica Gigapixel+3D del dipinto, realizzata dal team di Haltadefinizione: una ripresa ad altissima risoluzione, sul fronte, sul retro e sulle parti laterali, ottenuta tramite la composizione di più immagini di dettaglio. Questo consentirà ingrandimenti con una resa di colori, toni, dettagli, nitidezza e illuminazione non altrimenti ottenibili.

Il modello 3D derivato dalla campagna fotogrammetrica permetterà inoltre di mappare la forma dell’oggetto, delle pennellate e delle crettature, con una precisione dell’ordine di decine di millesimi di millimetro, e potrà essere impiegato sia per il monitoraggio dello stato di conservazione dell’opera, sia per la diffusione e valorizzazione dell’immagine di Raffaello.

La seconda fase di studio prevede una campagna di indagini chimiche realizzate grazie al nuovo sistema Xrf scanner multicanale, sviluppato dall’Infn in collaborazione con l’Università di Roma Tre, Sapienza Università di Roma e l’Istituto per i materiali nanostrutturati del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ismn) nell’ambito del Progetto Musa (Multichannel Scanner for Artworks). Le analisi, a cura di Emmebi diagnostica artistica e Ars Mensurae, consisteranno in scansioni macro a fluorescenza ai raggi X (Ma-Xrf).

“Le scansioni Xrf permetteranno di identificare la composizione chimica dei pigmenti usati da Raffaello per la realizzazione della Fornarina e collocarli spazialmente nell’opera attraverso mappe chimiche con risoluzione sub millimetrica”, spiega Luca Tortora, docente di chimica dell’Università Roma Tre e ricercatore dell’Infn. “Queste informazioni sono fondamentali per conoscere la tecnica pittorica dell’artista oltre a essere utili a restauratori e conservatori per eventuali interventi sull’opera”.

Chi è la Fornarina ?

Come è noto La Fornarina è un dipinto a olio su tavola (85×60 cm) di Raffaello Sanzio, databile al 1518–1519 circa e conservato nella Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini a Roma. È firmato sul bracciale della donna: RAPHAEL VRBINAS

Il dipinto, forse modificato da Giulio Romano, fu conservato da Raffaello nel proprio studio fino alla morte, giunta poco dopo il completamento dell’opera. Menzionato per la prima volta nella collezione di Caterina Nobili Sforza di Santa Fiora in una lettera del vice cancelliere Corasduz all’imperatore Rodolfo II del 1595, viene descritto come “una donna nuda ritratta dal vivo, mezza figura di Raffaele”. Alla morte della contessa, nel 1605, raggiunge la collezione del genero Giovanni Buoncompagni, duca di Sora, dove è notato da Fabio Chigi  (Alessandro VII) che la definisce “non admodum speciosa“. Fu acquistato poi dai Barberini ed è citato nei loro inventari a partire dal 1642. Negli anni sessanta-settanta del Novecento venne trasferito per alcuni anni alla Galleria Borghese

L’identità della modella è controversa. Prevale tuttora l’identificazione con Margherita Luti, figlia di un fornaio di Trastevere in contrada Santa Dorotea, che sarebbe stata in quel periodo la donna amata da Raffaello e passata quindi alla storia col nome di “Fornarina”. È bene notare, tuttavia, che con questo nome è stato attestato prima del diciottesimo sccolo e deriva dalla didascalia in calce a un’ incisione del settecento

Inoltre a inizio Ottocento quattro diversi ritratti erano noti come Fornarina: questo di Raffaello, la cosiddetta Fornarina della Tribuna degli Uffizi (oggi attribuita a Sebastiano del Piombo), la Dorotea dello stesso Sebastiano e una copia di quest’ultima sita in Verona.

Non è sicuramente documentabile, ma somiglianze nei lineamenti del volto (fisiognomica) hanno accreditato l’ipotesi che Raffaello abbia usato la stessa modella in varie opere, come il Trionfo di GalateaLa Velata o la Madonna Sistina. La critica rimane oggi divisa, specie nel raffronto con La Velata e la Madonna Sistina. Ad esempio l’Acidini Luchinat parla in proposito di “gentile leggenda”, affermando che “L’immagine si collega in realtà a una serie di bellezze muliebri ideali, raffigurate da Raffaello nell’arco della sua attività artistica” Tom Henry e Paul Joannides ritengono che i due quadri – La Velata e La Fornarina – non possano essere dello stesso artista, foss’anche in momenti distinti del suo sviluppo stilistico.

Raffaello Sanzio e Giulio Romano

Occorre, tuttavia, distinguere le due tesi: la prima, concerne la diversa identità del modello della Velata e della Fornarina; la seconda, concerne la diversa identità del pittore, Raffaello per la Velata e Giulio Romano per la Fornarina. Sulle orme di Giovanni Morelli (storico del’arte ) e, più tardi, di Konrad Oberhuber, la prima tesi sembra vincere l’adesione anche di chi propende per l’autografia della Fornarina. Sulla seconda tesi, invece, il dibattito rimane ancora molto aperto. Infatti, l’attribuzione del dipinto a Raffaello è oggetto di discussione sin dal 1799. Sembra prevalere sin qui l’ipotesi che si tratti di un lavoro a più mani secondo la prassi della bottega romana di Raffaello. In proposito, la critica è divisa sulla presenza di un intervento di Giulio Romano: alcuni critici enfatizzano il ruolo dell’allievo di Raffaello, mentre altri lo considerano marginale.

Un accurato studio di Giuliano Pisani ha mostrato come il termine “Fornarina” (usato nel 1772 dall’incisore Domenico Cunego) rimandi a una tradizione linguistica consolidata, attestata già in Anacreonte (VI a.C.) e in numerosi documenti letterari di età antica, medievale, rinascimentale e moderna, in cui “forno” e derivati (“fornaio”, “fornaia”, “infornare”, ecc.) indicano metaforicamente l’organo sessuale femminile e le pratiche connesse all’accoppiamento. La domanda corretta che ci si deve porre, secondo lo studioso, non è “chi sia” la Fornarina , ma quale sia il soggetto del dipinto, che cosa rappresenti. Pisani, attraverso opportuni confronti, in particolare con Tiziano, Amor sacro e amor profano, ipotizza che Raffaello, sulla scorta di Marsilio Ficino e di Pietro Bembo, ritragga nella Fornarina la Venere celeste, l’amore che eleva gli spiriti alla ricerca della verità attraverso l’idea sublimata della bellezza, e che si distingue dall’altra Venere, quella terrestre, forza generatrice della natura, che guarda alla bellezza terrena e ha come fine la procreazione. Alla Fornarina corrisponderebbe in tal senso la Velata, identificata come Venere terrestre, sposa e madre

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