Post Coronavirus… Si sa che “anno bisesto, anno funesto”, ma nessuno avrebbe mai immaginato nella notte di Capodanno che il 2020 ci avrebbe messo di fronte a una pandemia in grado di rivoluzionare le dinamiche economiche, politiche, sociali e psicologiche di tutto il mondo.
Ovviamente, avendo avuto un impatto così forte, il coronavirus non poteva non trascinare nella confusione più totale anche il mondo dell’istruzione. Scuole e università si sono trovate a dover chiudere le loro sedi fisiche. Improvvisamente, il suono della campanella, i banchi, la lavagna, la ricreazione, le lezioni universitarie, le interrogazioni… tutto ciò che vivevamo come una routine noiosa e un po’ frustrante ci è stato tolto: non era più così scontata.
Pensare di lasciare gli studenti da soli per così tanti mesi non era accettabile e quindi ci si è rivolti all’unico strumento in grado di garantire un minimo di continuità didattica: il web. La scuola e l’università si sono dovute convertire velocemente all’e-learning, realtà già affermata in diverse nazioni del mondo e anche nel nostro paese, anche se in maniera molto timida.
Le università online, infatti, in Italia sono considerate dalla maggior parte delle persone sinonimo di “lauree semplici da prendere”. Avere un certificato di laurea con intestazione “Università Niccolò Cusano” (per citare una delle tante università telematiche) per molti non è equiparabile a quello preso in un ateneo considerato tradizionale. In realtà, le facoltà telematiche vengono incontro alle esigenze di chi, per diversi motivi, non può permettersi di frequentare fisicamente l’università. Può trattarsi di persone che già lavorano e finalmente hanno le disponibilità economiche per iscriversi all’università, ma non hanno molto tempo a disposizione; può trattarsi di madri che vogliono realizzare un sogno professionale e che studiano portando avanti la famiglia; può trattarsi di persone con difficoltà motorie che non possono raggiungere fisicamente l’ateneo… Le università telematiche sono inclusive e danno veramente a tutti la possibilità di laurearsi. E, ai tempi del coronavirus, sono state le uniche a non dover perdere tempo nell’organizzazione della didattica online.
Al di là di queste riflessioni sulle università telematiche, alla luce di quanto è successo è importante interrogarsi seriamente sul futuro dell’e-learning e della nostra istruzione. È vero che la presenza fisica di insegnanti e alunni è fondamentale per acquisire determinate competenze, soprattutto quando si parla di bambini o di ragazzi. Ma è altrettanto vero che gli strumenti delle nostre scuole e università iniziano a risultare un po’ anacronistici. C’è un grande gap generazionale a livello tecnologico tra i professori e gli alunni. I primi non possono più ignorare il linguaggio digitale perché è quello più naturale per gli studenti di questa generazione e delle future. Quindi, bisogna iniziare a prendere confidenza con questi strumenti digitali in modo da capire come arrivare agli alunni.
In fondo, l’obiettivo principale di qualsiasi percorso d’istruzione è quello di permettere a una persona di acquisire nuove conoscenze e competenze in modo da realizzarsi pienamente come individuo. Per fare questo, ci si può avvalere di tanti strumenti diversi… ma si sa che i migliori sono quelli che si adattano alla personalità di chi deve imparare. E se quest’ultimo è un nativo digitali, non si può pensare di escludere gli strumenti tecnologici da un percorso di formazione.
Il coronavirus ha avuto un impatto molto forte nelle vite di tutti noi, sia a livello personale che collettivo. L’unico modo per uscire da questa pandemia più forti e per dare un senso a tutti i sacrifici fatti nel periodo della quarantena è ricavare da questo periodo qualcosa di positivo. Prendere la chiusura delle scuole come un’occasione per riflettere sui benefici dell’e-learning, su eventuali problemi e possibili soluzioni, potrebbe essere un buon inizio.