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Le prime immagini di un cervello sotto LSD

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Per la prima volta nella storia delle neuroscienze sono stati osservati gli effetti in tempo reale dell’assunzione di sostanze psichedeliche sul cervello. Un gruppo di 20 volontari è stato sottoposto a due diversi tipi di scansioni cerebrali dopo aver ricevuto la somministrazione controllata di LSD in un laboratorio dell’Università di Cardiff.

Il controverso studio condotto da David Nutt, Professore di Neuropsicofarmacologia presso l’Imperial College London, ed ex consulente capo del Governo britannico sulle droghe, sta facendo molto discutere in Inghilterra per le sue implicazioni etiche.

“VIAGGIO” CONTROLLATO. I volontari, 15 uomini e 5 donne con precedenti esperienze con LSD, hanno ricevuto un’iniezione di 75 microgrammi della droga mentre si sottoponevano a due tipi di imaging cerebrale, la risonanza magnetica funzionale (fMRI) e la magnetoencefalografia, che misura i campi magnetici prodotti dall’attività elettromagnetica del cervello.

LE REAZIONI. Nessuno dei soggetti ha riportato un’esperienza psicofisica negativa, ma tre hanno riferito episodi di ansia e paranoia temporanea. «Non direi si sia trattato di un esperimento pericoloso, direi però che LSD ha potenziali effetti negativi» ha detto Robin Carhart-Harris, coinvolto nello studio. «Non è raro che le persone sotto droghe psichedeliche provino ansia. L’esperienza può trasformarsi in un vero incubo, talvolta. Descriverei quella somministrata come una dose moderata, ma una dose moderata di LSD può comunque produrre un impatto sulla coscienza».

E I DATI? I risultati preliminari dello studio sono stati definiti promettenti, ma non sono ancora stati diffusi: per completare le analisi servono altre 25 mila sterline (34.500 euro) che Nutt e colleghi stanno cercando di raccogliere in crowdfunding attraverso il sito Walacea.com.

Le prime immagini di un cervello sotto LSD

Il medico Harry Williams somministra LSD a Carl Pfeiffer, capo del Dipartimento di Farmacologia della Emory University, nel 1955. L’esperimento era volto a indurre schizofrenia per indagare le eventuali origini chimiche del disordine psichiatrico. Il microfono serviva a registrare le reazioni di Pfeiffer durante lo “sballo”. | BETTMANN/CORBIS

PROBLEMA ETICO. I fondi per la prima parte dello studio sono stati erogati dall’Imperial College London, ma non dal Medical Research Council britannico, né dall’ente di beneficienza Wellcome Trust, che hanno motivato il rifiuto con la qualità inadatta della ricerca. Secondo Nutt, ci sarebbe una sorta di ostruzionismo nei confronti di chi opera in questo ambito di ricerca motivato dal timore che studi come questo aprano la strada all’uso ricreativo delle sostanze psichedeliche.

LE POSSIBILI APPLICAZIONI. Quali risultati si spera di ottenere? Gli autori dello studio ritengono che le sostanze psicoattive possano essere utilizzate nel trattamento di alcune forme di depressione, ansia o di sindrome post traumatica da stress. Un precedente studio di imaging cerebrale condotto dallo stesso gruppo di ricerca dimostrerebbe che la psilocibina, una sostanza psichedelica presente in alcuni funghi allucinogeni, fa diminuire l’afflusso di sangue in alcune importanti strutture di raccordo del cervello.

Aree normalmente ben sincronizzate finirebbero per “parlarsi” di meno, e i percorsi cerebrali patologici e ben radicati alla base di alcune condizioni, come appunto la depressione, o i disturbi ossessivo compulsivi, potrebbero così interrompersi.

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