Sappiamo tutti ormai che una bùfala è un’affermazione falsa o inverosimile, e una “bufala mediatica” è quando la falsa notizia viene diffusa e amplificata dai mass media, intenzionalmente oppure involontariamente, a causa delle insufficienti verifiche sulle fonti della notizia.
Disinformazione e Fake news
Di fatto, viene considerata una forma di disinformazione, che alle volte può ingannare il pubblico, presentando deliberatamente per reale qualcosa di falso o artefatto. In alcuni casi si prefigura il reato di truffa, nel caso in cui l’autore, o gli autori, procurino per sé o per altri un ingiusto profitto a scapito delle vittime. Oggi nell’era di internet il termine “bufala” viene utilizzato come sinonimo di fake news poiché rientra nel campo della mistificazione dell’informazione.
Esiste, però, una differenza che gli studiosi e gli esperti rintracciano nell’intenzionalità della creazione della notizia: la bufala , infatti, è considerata una notizia creata ad arte, mentre la Fake news potrebbe essere semplicemente un errore giornalistico o una distorsione a partire da una fonte primaria per giungere a fonti secondarie.
La bufala può essere ricondotta al termine “dis-information“, cioè viene ritenuta falsa e ideata deliberatamente per creare scompiglio e recare danni di immagine, reputazionali ed economici a persone, gruppi sociali, organizzazioni, aziende o paesi.
Bufala?
Secondo il Vocabolario della Crusca il termine “bufala” deriva dall’espressione “menare per il naso come una bufala”, ovvero portare a spasso l’interlocutore trascinandolo come si fa con i buoi e i bufali per l’anello attaccato al naso. Secondo Giorgio De Rienzo, invece, la parola deriva dal dialetto romanesco e sta ad indicare, in analogia all’animale, una “persona ottusa e rozza”. Secondo il Vocabolario della Crusca, il vocabolo potrebbe però anche derivare dalla bufalata, una festa senese o fiorentina dove venivano fatte correre le bufale.
Un’altra possibile significato è quella dall’espressione “pescare a bufala”, ovvero la pesca con due tartane che tirano una sola rete, tecnica di pesca difficile e che, in caso di errori, può portare a risultati disastrosi. Altra interpretazione del significato si può collegare al termine “buffa”, ovvero folata o soffio di vento (buffare = soffiare).
Il termine deriva quasi sicuramente da Roma: le prime attestazioni scritte risalgono agli anni ’50 e la parola era rivolta verso produzioni cinematografiche di scarsa qualità, così come afferma Ercole Patti nel suo romanzo “Un amore a Roma”, assumendo pian piano con il tempo il significato di fregatura in generale. Un’altra teoria indica come alcuni ristoratori Romani disonesti ingannassero la clientela servendo loro carne di bufala piuttosto che quella di vitello, più costosa e pregiata.
La Bufala oggi
Definiamo bufale soprattutto leggende metropolitane che magari prendono spunto da fatti realmente accaduti: in una piccola parte dei casi si ispirano a veri casi umanitari che continuano a girare anche anni dopo che il caso è risolto o il destinatario degli aiuti è defunto, arrivando così a perseguitare involontariamente i parenti; spesso riguardano virus informatici inesistenti che eseguirebbero fantasiose operazioni distruttive, gran parte delle quali irrealizzabili da un punto di vista tecnico. Al giorno d’oggi il termine indica quelle notizie, in genere messaggi inviati per posta elettronica, contenenti comunicati o richieste di aiuto di contenuto fasullo e ingannevole. Quando tali messaggi invitano esplicitamente a essere rispediti al maggior numero di persone, in modo da aumentarne la diffusione in maniera esponenziale, si parla di catene di Sant’Antonio.
Assumono una forma particolare di spamming, che spesso fa leva sui buoni sentimenti delle persone che, spinte ingenuamente dal desiderio di compiere una buona azione, inviano copia del messaggio a tutti i propri conoscenti, senza prima effettuare alcuna seria verifica sul contenuto; in tal modo, possono arrivare a sovraccaricare i sistemi di posta elettronica con migliaia di messaggi inutili. A volte questi messaggi contengono virus oppure link a siti web (anch’essi con contenuto falso e/o pubblicitario).
Le truffe mediatiche
Sempre più spesso inoltre può trattarsi di veri e propri tentativi di truffa, soprattutto quando contengono promesse di facili guadagni o richieste di denaro, vedi ad esempio truffa alla nigeriana e truffa di Valentin. È da sottolineare che tecnicamente è impossibile “registrare il traffico email” nel senso in cui è inteso da alcune di queste forme di catena , e inoltre sarebbe violazione della privacy, per cui non va dato credito a quelle che chiedono di essere inviate a più persone possibili, in modo da accreditare soldi a qualche bisognoso, tra l’altro solitamente inesistente. In ambito informatico è invalso l’uso di identificarle anche col nome inglese di hoax. Giova ricordare che la Netiquette , l’insieme di regole di educazione informatica, vieta qualsiasi tipo di catena di Sant’Antonio.
In genere sono presenti citazioni di fonti autorevoli come AOL, Microsoft e altri, ovviamente fasulle. È ovviamente impossibile controllare su tutti i server del mondo le email inviate e contare quelle con un determinato messaggio in oggetto. Più i riferimenti sono altisonanti – CNN, Microsoft, McAfee – più è probabile che il messaggio sia fasullo. Inoltre, spesso, non è presente nessun link ufficiale e vengono usate espressioni come “ieri pomeriggio” pur non datando le mail. Particolarmente significativa è stata l’ondata di messaggi di indignazione contro il sito bonsaikitten.com, nel quale un sedicente “scienziato cinese” affermava di vendere in tutto il mondo dei kit per la preparazione di gatti in bottiglia. Il sito era un’evidente burla, ma questo non è bastato a impedire alla polizia americana, e in seguito anche a quella italiana, di ottenere la chiusura e l’oscuramento del sito.