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The Wall

The Wall
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The Wall  non è  solo l’undicesimo album  del gruppo musicale britannico Pink Floyd, pubblicato nel 1979 dalla Harvest/EMI in Europa e dalla Columbia/Sony nel resto del mondo, ma è la storia di una catarsi,

Uno sputo

 Il 6 luglio del 1977 , Roger Waters, il leader principale dei Pink Floyd, ebbe un blackout nel mezzo dello show allo Stadio Olimpico di Montreal. Di fronte agli spettatori delle prime file che rumoreggiavano incuranti della musica, perse le staffe. Era fuori di sé, Waters, e quando notò un fan in procinto di scavalcare le transenne che lo separavano dal palco gli si piazzò davanti e gli sputò platealmente. Fu il punto di non ritorno.

Quel che il bassista e cantante della band inglese non riusciva ad accettare era la dimensione del successo dei Pink Floyd. Waters pretendeva un pubblico attento, consapevole ed educato, un’esigenza incompatibile con le folle oceaniche degli stadi e l’anarchia che caratterizzava i concerti degli anni Settanta.

Così, il pacifista più determinato e convinto (oltre che lunatico) del music business, riversò in quello sputo tutta la sua alienazione: tra lui e il pubblico si era alzato un muro invalicabile, un muro destinato a diventare grande musica, la scintilla per scrivere di getto l’opera rock più famosa di sempre: The Wall.

I mattoni

Disegnò i mattoni di una muraglia bianca su un pezzo di carta e iniziò a comporre Mister Waters. Non lo fece in prima persona, ma si inventò un alter ego, tale Pink, una rockstar in stato avanzato di autoreclusione, con seri problemi psicologici, traumatizzata dal successo, dalla morte del padre in guerra. Il padre di Waters, tenente dell’esercito inglese, era  deceduto in Italia nel 1944 ad Anzio. I traumi derivavano dal divorzio dalla moglie, dal sesso occasionale , da una madre opprimente quanto apprensiva, e persino dal sistema scolastico inglese, antiquato e conservatore.

Non furono i muri costruiti dalla politica, da sempre nel mirino di Waters, la prima fonte di ispirazione del disco, ma le sofferenze personali e le ossessioni di un artista geniale impegnato nella più complessa e irragionevole delle sfide, quella di ingaggiare un braccio di ferro contro il resto del mondo.

Solo contro tutti. Persino contro suoi compagni di gruppo con i quali durante la lavorazione del disco litigò furiosamente più volte, fino al punto di licenziare il tastierista Richard Wright, dalla band, per poi coinvolgerlo nelle canzoni dell’album come un musicista qualsiasi pagato a cottimo. Non funzionava nulla in quegli anni nella vita di Waters e non funzionava nulla nei Pink Floyd che per problemi di management avevano dissipato buona parte degli stratosferici guadagni accumulati nei primi anni Settanta.

Another brick in the wall

A un passo dall’abisso, Waters riversa nella musica il momento più buio della sua esistenza. E così, attraverso la monumentale bellezza e l’intensità di canzoni memorabili come Comfortably NumbAnother brick in the wall o Mother, il muro eretto da Mister Pink Floyd, diventa il muro di milioni di persone che si identificano in quelle parole e in quei suoni. Ecco perché da quarant’anni il disco è nelle classifiche di tutto il mondo ed ecco perché, nella sua ultima rappresentazione in concerto (tra il 2010 e il 2013), The Wall ha richiamato quattro milioni e mezzo di spettatori. Un record senza precedenti.

Il film di Alan Parker

Non da meno il film ispirato all’album, diretto da Alan Parker e con Bob Gledof nei panni di Pink, ancora oggi un best seller in dvd e blu-ray e nelle sale d’essai, sempre stipate per vedere o rivedere per l’ennesima volta la leggendaria scena in cui Pink, disperato, bdistrugge sistematicamente una stanza d’albergo in preda alla violenza più cieca, prima di ricomporre sul pavimento, pezzo per per pezzo, tutti gli oggetti che aveva sbriciolato. 

Fu una rivoluzione musicale ma anche coreografica The Wall. Il muro di mattoni innalzato progressivamente sul palco per rendere invisibile la band al pubblico, la qualità e la quantità degli amplificatori usati per diffondere la musica, il suono degli effetti speciali disseminati lungo le canzoni, i mostruosi cartoni animati, disegnati dal fumettista inglese Gerald Scarfe, proiettati sui maxischermi e il crollo roboante di tutti i mattoni del muro alla fine dello show diedero il via a una nuova era dell’intrattenimento live e inaugurarono un concept inedito, quello del concerto come esperienza multisensoriale.

Berlino

E così, dopo aver reinventato la musica in studio con l’album capolavoro, The Dark Side Of The Moon, i Pink Floyd riscrissero le regole delle performance in pubblico. Il 21 luglio del 1990, dopo essersi separato traumaticamente dalla band cinque anni prima, al termine di una “sanguinosa” battaglia legale con gli ex colleghi, Waters eseguì The Wall a Berlino, in diretta tv mondiale e davanti a 350 mila persone in Potsdamer Platz, stampando per sempre nell’immaginario collettivo la connessione tra il crollo del muro della Guerra Fredda e il “suo muro”, una storia personale diventata simbolo di liberazione e indipendenza.

Poi, negli anni a venire, come succede per le grandi opere della musica classica, i brani di The Wall hanno attraversato le generazioni, eseguiti in concerto ora da Waters come solista, ora da David Gilmour (il chitarrista, l’altro genio dei Pink Floyd) con la sua personale band, ora dai Pink Floyd stessi, ma senza Waters. Fino al 2 luglio 2005 quando per l’ultima volta i “fantastici quattro” hanno unito le forze per venticinque indimenticabili minuti al Live 8 di Londra. A chiudere la performance, Comfortably Numb, da The Wall, seguita da un abbraccio collettivo sul palco. Il modo migliore per dire al mondo che anche il muro tra di loro era finalmente crollato.

Un opera rock

Si tratta di un’opera rock incentrata sulla storia di un personaggio fittizio: una rockstar di nome Pink che, a causa di una serie di traumi psicologici, arriva a costruirsi un “muro” mentale attorno ai propri sentimenti dietro al quale si isola. I disagi, soprattutto infantili, che portano Pink a questa scelta drammatica sono la morte del padre verso la fine della seconda guerra mondiale, la madre iperprotettiva, gli insegnanti scolastici eccessivamente autoritari ed avvezzi alle punizioni corporali e i tradimenti della moglie.

L’album segnò anche la rovina della formazione classica dei Pink Floyd. Infatti il tastierista Richard Wright partecipò tardivamente alla registrazione dell’album (si era trasferito in Grecia con la sua nuova moglie); per questo motivo (come spiegato da Mason nel suo libro) Waters litigò con il tastierista e lo licenziò: durante il tour di promozione Wright partecipò solo come turnista.

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