Il cioccolato, o cioccolata è un alimento derivato dai semi dell’albero del cacao.
Nella produzione artigianale di qualità, il cioccolato è preparato utilizzando la pasta di cacao con l’aggiunta di ingredienti e aromi. Alcuni produttori partono direttamente dalle fave di cacao procedendo alla tostatura e alle successive fasi della lavorazione. In questo modo il controllo del produttore sulle caratteristiche che avrà il prodotto finito è superiore. Nella produzione industriale o comunque di minor pregio qualitativo, è preparato miscelando il burro di cacao con polvere di semi di cacao, zucchero e altri ingredienti facoltativi, come il latte, le mandorle, le nocciole, il pistacchio o altri aromi.
Il cioccolato è un ingrediente di svariati dolciumi, tra cui gelati, torte, biscotti e budini. Alcuni studi sembrano confermare che il consumo frequente di cioccolato possa condurre a una particolare forma di dipendenza detta, per analogia con l’alcolismo, cioccolismo. Altri studi dimostrano come l’assunzione di cioccolato stimoli il rilascio di endorfine, in grado di aumentare il buon umore.
Con “cioccolata” si intende un sinonimo di “cioccolato” per indicare la cioccolata calda. Nell’uso occidentale oggi è un cacao con l’aggiunta di zucchero, al contrario, nelle culture precolombiane. veniva consumato il cacao in bevande salate e speziate
Sommario
Il cibo degli Dei
La pianta Theobroma cacao , nome scientifico del cacao, è stata classificata, secondo il nome che aveva e l’uso che se ne faceva presso le civiltà Azteche e Maya che la utilizzavano come: cacao cibo degli dei.
Il cacao, nella lingua che parlavano gli olmechi attorno al 1000 a.C., si pronunciava kakawa. In epoche successive i Maya, nel corso del loro periodo classico, fra il III secolo e il X secolo, cominciarono a chiamare il Theobroma con il termine “kakaw“. In quel tempo si cominciavano a miscelare alla bevanda aromi di varia natura, ad esempio il chili, e la chiamavano “ik-al-kakaw“.
I Maya furono i primi a coltivare la pianta del cacao nelle terre tra la penisola dello Yucatán, il Chiapas e la costa pacifica del Guatemala. Per gli Indios i semi sono così preziosi da essere utilizzati come vere e proprie monete. Il cacao ha addirittura significati simbolici e religiosi.
Presso i Maya il cioccolato veniva chiamato kakaw uhanal, o”cibo degli Dei”, e il suo consumo era riservato solo ad alcune classi della popolazione, sovrani, nobili e guerrieri. I Maya amavano la bevanda di cacao preparata con acqua calda. Acqua si diceva haa, e caldo si diceva chacau. La bevanda di cacao assumeva il semplice nome di chacauhaa. Sinonimo di chacau era chocol, da cui deriva chocolhaa, sicuramente il primo nome che si avvicina allo spagnolo chocolate.
Chiamiamolo Cioccolato
Cristoforo Colombo è il primo europeo a provare il cacao nel 1502 quando durante il suo quarto viaggio nelle Americhe tocca l’isola di Gunaja, al largo della costa dell’Honduras. Dalle foreste dell’America centrale, il cacao giunge in Europa attorno alla metà del Cinquecento.
Facendo un ulteriore salto, durante la conquista spagnola della seconda metà del XVI secolo gli Aztechi consumavano una bevanda per metà di cacao e per metà di “pochotl” che prendeva il nome di chocolatl . In ogni caso, gli spagnoli per indicare le bevande a base di cacao non accolsero “cacahuate”, ma preferirono adottare “chocolate” per evitare assonanze con il termine «caca», che in spagnolo è un’espressione volgare….. chiaramente connessa con le feci. Quindi non poteva essere tollerabile un suono del genere per indicare una bevanda consumata prevalentemente dall’aristocrazia e dalla nobiltà reale, soprattutto se riferita a una bevanda densa, di colore marrone scuro e originariamente amara.
Il tesoro custodito da una principessa
La leggenda dice che la coltura del cacao fu sviluppata dal terzo re Maya, Hunahpu. Un’altra leggenda, questa volta Azteca, dice che in tempi remoti una principessa fu lasciata, dal suo sposo partito in guerra, a guardia di un immenso tesoro; quando arrivarono i nemici la principessa si rifiutò di rivelare il nascondiglio di tale tesoro e fu per questo uccisa; dal suo sangue nacque la pianta del cacao, i cui semi sono così amari come la sofferenza, ma allo stesso tempo forti ed eccitanti come le virtù di quella ragazza.
La cultura del Cioccolato
Tornando alla storia, successivamente ai Maya anche gli Aztechi cominciarono la coltura del cacao, e in seguito la produzione di cioccolata; associavano il cioccolato a Xochiquetzal, la dea della fertilità. Con valore mistico e religioso, il cacao veniva consumato dall’élite durante le cerimonie importanti, offerto insieme con l’incenso come sacrificio alle divinità e a volte mischiato al sangue degli stessi sacerdoti. A conferma di ciò, sono stati trovati diversi esempi di raffigurazione della pianta del cacao su alcuni vasi e codici miniati Maya.
Con la Conquista spagnola, si impone l’uso del molinillo, che ruotato velocemente avanti e indietro tra le mani consentiva di ottenere in tempi più brevi la densa schiuma tanto amata dai consumatori della bevanda.
Un antifatica gradevole o sgradevole?
Lo xocoatl aveva l’effetto di alleviare la sensazione di fatica, effetto probabilmente dovuto alla teobromina in esso contenuta. Esso era un articolo di lusso in tutta l’America centrale pre-colombiana; i semi di cacao erano usati come moneta di scambio, di conto e anche come unità di misura: nel tesoro dell’imperatore Motecuhzoma , più noto come Montezuma, se ne poterono trovare quasi un miliardo. Si diceva che lo xocoatl avesse un sapore squisito. José de Acosta, un missionario gesuita spagnolo che visse in Perù e poi in Messico nel tardo XVI secolo scrisse:
- Disgustoso per coloro che non lo conoscono, con una schiuma o pellicola in superficie che è molto sgradevole al gusto. Tuttavia è una bevanda molto apprezzata dagli indiani, che la usano per onorare i nobili che attraversano il loro paese. Gli spagnoli, sia uomini sia donne, che si sono abituati al paese sono molto golosi di questo Chocolaté. Dicono di prepararne diversi tipi, caldi, freddi, tiepidi, e di aggiungervi molto chili; ne fanno inoltre una pasta che dicono essere buona per lo stomaco e contro il catarro.
Solo con Hernán Cortéz si ha l’introduzione del cacao in Europa in maniera più diffusa, era il 1519. Arriva nel Nuovo Mondo dalla Spagna e la popolazione locale lo scambia per il dio Quetzalcoatl, che secondo la leggenda sarebbe dovuto tornare proprio in quell’anno. L’imperatore Montezuma, allora, lo accoglie a braccia aperte e gli offre un’intera piantagione di cacao con i relativi proventi. Nel 1528 Cortéz porta in Spagna alcuni semi di cacao, recandoli in dono a Carlo V.
Il primo carico documentato di cioccolato verso l’Europa a scopo commerciale viaggiò su una nave da Veracruz a Siviglia nel 1585 . A Siviglia aveva sede il Reale Consiglio delle Indie, attraverso cui la corona spagnola controllava tutti i traffici commerciali, l’amministrazione, gli aspetti militari e religiosi delle proprie colonie d’oltreoceano. Tutti i movimenti materiali avvenivano attraverso il porto di Cadice. Il cioccolato veniva sempre servito come bevanda, ma gli europei, e in particolar modo gli ordini monastici spagnoli, depositari di una lunga tradizione di miscele e infusi, ci aggiunsero la vaniglia e lo zucchero per correggerne la naturale amarezza e tolsero il pepe e il peperoncino.
Il cioccolato di Modica
Pare che sia stato il vescovo Francisco Juan de Zumárraga nel 1590 ad aggiungere lo zucchero alla ricetta della bevanda. Un’opera del 1591 di Juan Cardenas è fra le prime a citare la controversia. Per tutto il Cinquecento il cioccolato rimane un’esclusiva della Spagna, che ne incrementa le coltivazioni. La tradizionale lavorazione per la produzione delle tavole di cioccolato solide, anch’esse di origine azteca, viene importata nella Contea di Modica, allora protettorato spagnolo. Tale lavorazione dà origine allo xocoàtl, un prodotto che gli abitanti del Messico ricavavano dai semi di cacao triturati su una pietra chiamata metate, prodotto che ormai si produce nella sola Modica in Sicilia.
Nel Seicento il cacao arriva in Toscana per merito del commerciante di Firenze Francesco d’Antonio Carletti, concedendo ai mercanti Lucchesi, i patrizi Maionchi, la diffusione dei così detti “semi delle Americhe”. Fu Caterina, figlia di Filippo II di Spagna, moglie di Carlo Emanuele I, duca di Savoia a diffondere il Cioccolato con il suo arrivo a Firenze alla corte di Cosimo III de Medici.
Nel 1606 il cioccolato veniva prodotto in Italia nelle città di Firenze, Venezia e Torino. Le tracce dell’antico legame fra Firenze e la cioccolata si ritrovano in alcuni fondi librari della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze , dove si rintracciano numerosi scritti che testimoniano a partire dal 1600 un acceso dibattito sul cioccolatte e sui suoi consumi . Sempre a Firenze, dal 1680, si rintracciano numerosi scritti sul tema della cioccolata.
Nel 1615 Anna d’Austria, sposa di Luigi XIII, e introduce il cioccolato in Francia. Tra il 1659 e il 1688 l’unico cioccolataio presente a Parigi fu David Chaillou. Nel 1650 il cioccolato viene commercializzato anche in Inghilterra; a Oxford si inizia a servire il cioccolato negli stessi locali in cui si serviva il caffè. Nel XVII secolo divenne un lusso diffuso tra i nobili d’Europa e gli olandesi, abili navigatori, ne strapparono agli spagnoli il controllo mondiale e il predominio commerciale.
Le botteghe del caffè
Il Brasile, il Venezuela, la Martinica e le Filippine aumentano in modo spropositato la coltivazione di cacao; contemporaneamente molte città europee si pregiano della fama per la lavorazione del cioccolato; un esempio fra tutti è Torino, che ha una produzione di ben 350 kg al giorno, esportato in maggior parte in Austria, Svizzera, Germania e Francia, dove poco alla volta la preparazione di bevande al cioccolato diventa una passione per molti.
Il primo cioccalatino
Alla fine del XVIII secolo il primo cioccolatino da salotto, come lo conosciamo oggi, fu inventato a Torino da Doret: la tradizione del cioccolato nel 1800 era talmente radicata a Torino e in Piemonte che gran parte dei cioccolatai attivi in Italia, come Gay-Odin a Napoli e la Bottega del cioccolato a Roma erano originari di questa regione.
Nel 1802 Bozzelli inventò una macchina per raffinare la pasta di cacao e miscelarla con zucchero e vaniglia. In realtà bisogna aspettare il 1820 perché il sistema fosse messo a punto, e la prima tavoletta di cioccolata di tipo commerciale fu prodotta in Inghilterra. Nel 1826, sempre a Torino, Pierre Paul Caffarel cominciò la produzione di cioccolato in grandi quantità grazie a una nuova macchina capace di produrre oltre 300 kg di cioccolato al giorno. Nel 1828 l’olandese Conrad J. van Houten brevettò un metodo per estrarre il grasso dai semi di cacao trasformandoli in cacao in polvere e burro di cacao.
Sviluppò inoltre il cosiddetto processo olandese, che consiste nel trattare il cacao con alcali per rimuoverne il gusto amaro Questi trattamenti resero possibile il produrre il cioccolato in barrette. Il primo cioccolato in forma solida in scala più estesa rispetto a quello di Doret sembra essere stato prodotto nel 1847 da Joseph Fry.
La Gianduia, Fondente e al Latte
Nel 1852 a Torino Michele Prochet comincia a miscelare cacao con nocciole tritate e tostate creando la pasta Gianduia che verrà poi prodotta sotto forma di gianduiotti incartati individualmente..
Daniel Peter, un fabbricante di candele svizzero, si unì al suocero, François-Louis Cailler, inventore della tavoletta di cioccolato, nella produzione del cioccolato. Nel 1867 cominciarono a includere il latte tra gli ingredienti e presentarono sul mercato il cioccolato al latte nel 1875. Per rimuovere l’acqua contenuta nel latte, consentendone una più lunga conservazione, fu assistito da un vicino, un fabbricante di alimenti per l’infanzia di nome Henri Nestlé.
Nel 1879 Rudolph Lindt infine inventò il processo chiamato concaggio (conching), che consiste nel mantenere a lungo rimescolato il cioccolato fuso per assicurarsi che la miscelazione sia omogenea. Il cioccolato prodotto con questo metodo è il cosiddetto “cioccolato fondente”.. Il cacao è stato anche motivo di una continua lotta finanziaria tra i grandi esportatori (Africa e Brasile) e i mercati d’acquisto (Europa e Stati Uniti).
L’iniziale artificioso rialzo dei prezzi provocò una forma di boicottaggio commerciale, soppresso dalle necessità della seconda guerra mondiale. Terminata la guerra, vi fu una diminuzione del prodotto, determinato da malattie e dall’invecchiamento delle piantagioni, sintomo di una non oculata gestione delle stesse. Il valore commerciale della produzione americana, Messico e Guatemala, è superiore a quello della produzione africana o di altri paesi. In Italia, la regione di Torino produce il 40% della produzione italiana per un volume di 85.000 tonnellate annuali.
Cioccolato che passione
Hanno avuto una passione per il cioccolato innumerevoli personaggi storici, re, imperatori, musicisti, scrittori e papi.
Si ricorda, Papa Pio V, che benché inflessibile per certi versi, nel 1569 generò scalpore consentendo nei periodi di digiuno la consumazione di una tazza di cioccolata al giorno, adducendo come motivazione il fatto che fosse liquida; Madame de Maintenon, sposa morganatica del Re Sole.
Le favorite di Luigi XV. la sfortunata Maria Antonietta, moglie di Luigi XVI, che viaggiava sempre col suo cioccolataio personale; Voltaire, che sembra bevesse una dozzina di tazze di cioccolata al giorno, per combattere la debolezza in tarda età; Carlo Goldoni nelle sue commedie elogia in vario modo la bevanda; Giacomo Casanova ne faceva uso per gli effetti afrodisiaci; Wolfgang Amadeus Mozart canta il suo desiderio di cioccolata in Così fan tutte.; Grandi appassionati: Čajkovskij, Strauss, Stendhal, Goethe, Leonardo Sciascia, Alessandro Manzoni, la marchesa de Sèvigné, Gabriele D’Annunzio e Fidel Castro.
Sono un siciliano appassionato da anni di programmazione web, grafica, foto e video. Creo e gestisco siti web, mi occupo di fotografia, e di tante altre cose che ti lascio scoprire seguendomi sui miei siti e social….